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L’idrogeno
Categoria Garage by Piero_TM_RNegli ultimi anni si è fatto un gran parlare dell’idrogeno quale possibile alternativa al petrolio al posto dell’attuale combustibile utilizzato nelle automobili. Però più che parlarne non si è fatto. L’idea non è per niente stupida e mal ragionata, praticamente l’idrogeno è uno degli elementi più diffuso in natura, produce un bel po’ di energia ed è una fonte rinnovabile che non inquina. Solo che ci sono dei però che non sono stati espressi in maniera chiara, solo in alcuni ambiti e solo alcune riviste hanno trattato il problema in maniera approfondita, spiegando bene i pregi ed i difetti dell’uso dell’idrogeno.
A sorpresa, una delle riviste su cui ho visto trattare in maniera semplice e chiara l’argomento idrogeno è stato sulla rivista “L’automobile” inviata ai soci ACI proprio di questo mese.
L’idrogeno come dicevo è praticamente ovunque, è abbastanza stabile (brucia ad una temperatura più alta della benzina, circa 550°C contro i 300°C delle benzine), in caso d’incendio la fiamma tende a spegnersi in pochi secondi, in caso di fuoriuscita dal proprio contenitore, essendo un gas più leggero dell’aria, tende a disperdersi rapidamente, quindi non è particolarmente pericoloso come il GPL che tende a rimanere in basso e ad infilirsi in condotti e buche.
Altro problema è lo stoccaggio, infatti l’idrogeno occupa un buon volume (circa 12 mq per 1 kg di gas) per poter garantire una percorrenza accettabile, quindi le soluzioni sono due, la prima è quella di conservarlo dentro serbatoi ingombranti, ma poco compatibili con le macchine, seconda soluzione liquefarlo, quindi portarlo a -253°C e portarlo a 700 bar (circa 7.000 metri di profondità sott’acqua). Ecco un’altro problema, per conservare il gas a 700 bar di pressione si ha la necessità di avere dei serbatoi con doppia parete e spessori notevoli, il tutto per garantirne la sicurezza. Un gas che di per se non è pericoloso a 700 bar può diventare una bomba. Per fortuna la tecnica viene in soccorso dando la possibilità di avere serbatoi fibrorinforzati di resina che hanno un peso contenuto.
Pensando a come stoccare l’idrogeno si deve valutare che per portarlo a temperature e pressioni simili le energie in ballo sono notevoli, tutto il processo grosso modo richiede un’energia pari al 30% dell’energia totale che si può produrre dal gas, non poco.
Molti sono convinti che l’idrogeno sia facile da produrre, o meglio isolare, vista la notevole quantità che è presente in natura (e nell’universo), ma non è come si pensa, infatti non è che si può aprire il rubinetto di casa e scindere la molecola dell’acqua trattenendo le due molecole di idrogeno e lasciando andare l’ossigeno. Il processo di produzione è purtroppo legato alle lavorazioni del petrolio e dall’estrazione del metano (tutte le raffineria hanno serbatoi di idrogeno). Il problema è che produrre idrogeno ha dei costi elevati e le lavorazioni dei combustibili fossili sono quelle che hanno un costo molto basso.
Esistono altresì lavorazioni parallele di idrogeno definito verde e cioè proveniente a sua volta da fonti rinnovabili quali i pannelli solari. Ho poche informazioni su tale processo quindi non posso spingermi oltre.
Altro problema è la distribuzione, oggi praticamente inesistente (in Italia era presente un distributore a Milano) e poco capillare, cosa che ovviamente influenza anche la diffusione di veicoli alimentati da tale combustibile. L’unico stato dove esiste una rete di distribuzione è la California, tanto che molte case automobilistiche hanno aperto li i propri laboratori di analisi e ricerca.
Di auto ad idrogeno definitive praticamente non ne esistono, la BMW qualche anno fa aveva presentato una 320 ad idrogeno che ha fatto il giro del mondo quale esempio di tecnologia. Altre case stanno lavorando ai rispettivi prototipi che spesso vengono presentate ai giornalisti, ma non si sbilanciano su date di produzione e prezzi (ancora molto elevati) e costi di manutenzione.
Le vetture che conosciamo oggi sono distanti anni luce da quelle alimentate ad idrogeno, dove la trazione viene affidata a dei motori elettrici alimentati da delle batterie definite “fuel cell” e che per un processo chimico producono energia elettrica dall’idrogeno, il tutto in modo pulito (l’unica cosa che si vede è la condensa). Queste batterie hanno ancora alcuni problemi di dimensioni, peso, temperatura e semplicità di utilizzo, infatti il processo attualmente non è così semplice come pigiare un tasto e partire. Altro problema è il costo della sola cella al cui interno vi sono barre di platino (ma anche altri metalli preziosi) che costano circa 50 euro/kW, inoltre la vita media di una cella è di 50.000 km.
Le case automobilistiche si sono ingegnati per costruire vetture differenti, ad esempio con motore elettrico affiancato a quello classico, il primo funziona in fase di ripartenza, arrivati ad una velocità prestabilita interviene il motore termico, le batterie vengono ricaricate in fase di frenata e così via. L’idea, ad esempio, è impiegata da alcuni anni sulla Honda Prius.
Sicuramente i signori del petrolio fanno la loro parte nel cercare di “eliminare” un concorrente che può ridurre sensibilmente l’inquinamento delle nostre città e far vivere meglio tutto il mondo, però effettivamente i problemi logistici, produttivi e di conservazione non possono essere ignorati, forse la tecnologia potrà rendere semplice e di poco costo la produzione di idrogeno e delle celle, speriamo solo che la data non sia troppo lontana.
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