Di recente ho finito di vedere una micro serie, in tutto 8 puntate, di Apple TV.
Il titolo del post è il medesimo della serie TV, ambientata principalmente negli anni ’50 in America e parla di una donna, una chimica, che deve lottare per essere riconosciuta per i propri meriti in un mondo maschilista quale l’epoca era, con a margine le lotte per i diritti dei neri americani, una relazione senza un matrimonio ed una figlia.
Non voglio raccontare di più, rovinerei la visione di un prodotto ben confezionato, realistico e volutamente crudo in alcuni momenti, ma piacevolissimo da vedere.
Anche la scelta di limitare il tutto ad 8 puntate, in un mondo dove esistono serie TV che durano veramente troppo, è perfetta.
Difficilmente mi trovo coinvolto nelle serie TV più recenti, argomenti triti e ritriti, stereotipi e storie poco convincenti solitamente mi annoiano, per poi non parlare delle serie italiane, noiose, mal recitate, con audio scendenti, parlati incomprensibili ed il più delle volte con dialetti ai più incomprensibili.
Solo un’altra mini serie mi ha coinvolto The dropout, vista mesi fa di cui voglio parlarne, anche se sicuramente ai più è sconosciuta.
Complimenti a chi ha scritto la storia, so che è tratta da un libro e complimenti a chi l’ha adattata alla televisione. Consigliata vivamente.
Ne avevo parlato tempo addietro (qui e qui) e sono rimasto scettico sull’uso di schermi touch in auto, poco tempo fa a seguito di uno studio commissionato ad IAM RoadSmart per TRL (The Future of Transport) con il sostegno della FIA emerge che gli schermi touch delle auto sono fonte di distrazione, come se non bastasse l’uso (vietato ma poco sanzionato) dei telefoni alla guida.
Ora la Volkswagen sembra fare dietrofront anche perché i clienti si sono lamentati della scarsa praticità degli schermi.
Che si torni a delle plance pratiche e ben disegnate?
Non farò il nome, ma è abbastanza semplice capire a chi mi riferisco, ma in questi giorni non si parla d’altro.
Dopo giorni di silenzio si è scusata in lacrime per l’errore, meglio tardi che mai, e afferma donerà un milione di euro all’ospedale, pare quanto incassato dalla sponsorizzazione del dolce di natale.
A parte che ritengo essere di cattivo gusto dichiarare quanto si verserà in beneficenza, ma oltretutto se quanto donato è pari all’incasso a fronte di una originaria donazione di 50.000 euro, il divario è ampio. Così facendo si scaricherà dalle tasse l’importo. Ennesimo schiaffo ai beoti che seguono altri beoti che mostrano i loro averi senza vergogna.
Tolta l’influencer, personalmente poco utile in tutti i sensi, andrei anche a rompere i maroni a chi ha prodotto ed ideato la cosa.
Mi dispiace ma le lacrime di coccodrillo servono a poco e danno solo la conferma dello spessore di certe persone.
La Squale è una società italo-svizzera che realizza orologi subacquei professionali, negli anni ha rischiato il tracollo a seguito dell’avvento dei meccanismi al quarzo, poi è passata di mano diventando italiana con sede in Svizzera.
Negli anni ’70 gli orologi prodotti venivano pubblicizzati con grandi campioni di appena, inoltre gli orologi venivano ufficialmente forniti a corpi militari subacquei viste le caratteristiche di qualità che li hanno sempre contraddistinto.
Da un po’ di tempo sono entrato in possesso di due orologi Squale, il primo un Tavernier Squale Saphir 2001, primo orologio a resistere alla pressione di 100 atmosfere.
Purtroppo l’orologio è particolarmente vissuto, la ghiera è rovinata, la lancetta dei minuti ha perso il caratteristico colore arancione e la lancetta dei secondi è parzialmente ossidata, la cassa presenta segni di un orologio di circa 50 anni. Il meccanismo invece funziona meravigliosamente e non perde un secondo.
Sul quadrante non c’è la tipica indicazione “Con Squale” al di sopra delle lancette, lì c’è scritto Tavernier, non è strano, ancora oggi l’azienda lavora per altri marchi, infatti la scritta sotto le lancette accompagnata dallo squalo vuol dire che la cassa è Squale, di fatto è in tutto e per tutto uno Squale.
Il bracciale è coevo ma non è originale, il suo è semirigido in acciaio inox con fori tondi, introvabile e quel poco che ho trovato ha prezzi irragionevoli viste le condizioni.
L’altro orologio è uno Squale (con scritta “von” a mo’ di corona ma niente squaletto) Corallo, un cronografo subacqueo con ghiera interamente in acciaio, questa volta con cinturino in pelle.
Anche questo vissuto ma preciso come meccanismo, revisionato perché appena ricevuto non caricava a dovere.
Nella foto si vede un bracciale in acciaio di una qualità pessima.
In oggi l’azienda lavora ad orologi molto personali e di una fascia di prezzo sopra i 1.000 euro, con orologi che arrivano anche a 5.000 euro per pezzi da collezione e numerati in piccole produzioni.
Ultimo nato da una collaborazione con l’artista seconde/seconde/ è lo Squale 1521 Watch Your Hand: Allerta squalo! Orologio dalle linee classiche ma con un tocco simpatico, la lancetta delle ore presenta il morso di uno squalo e lo squaletto sul quadrante è sollevato verso destra come se stesse cercando di saltare fuori dall’orologio.
100 pezzi di produzione, circa 1.000 euro di costo, a pensarci nemmeno tanti per un orologio professionale.
Mi piace? Molto. Lo avrò? Non credo, ho già altri orologi e ho solo un polso dove metterli, ma sognare non costa nulla e alle volte appaga un minimo.
Non ricordo esattamente da quanto tempo sono utente di Satiapay, sicuramente più di quattro anni.
Ricordo che inizialmente ero scettico, poi varie recensioni online mi hanno convinto e mi sono iscritto.
All’inizio i negozi che accettavano i pagamenti con tale Sista erano pochissimi, a Genova erano mosche bianche ed all’inizio solo grandi catene di distribuzione.
Con il passare del tempo sono aumentati e ora è abbastanza facile fare pagamenti da app senza problemi.
Anche lo Stato accetta i pagamenti attraverso Satiapay.
Insomma da unicorno bianco, nato dall’idea in Italia da un gruppo di amici è diventata une buona realtà, solida e pratica da usare.
Ieri sera mia moglie aveva messo su la lavatrice e dopo cena il programma di lavaggio è regolarmente finito, si avvicina alla lavatrice per aprire l’oblò e come per magia il tasto di apertura è stato inghiottito dal pannello frontale (che ho scoperto chiamarsi cruscotto, come quello delle auto).
Un piccolo momento di panico, ovviamente un guasto la sera prima di una festa e di un lungo fine settimana non è il massimo, poi come aprire la macchina per prendere i panni?
Poi radunati i ferri ho tirato fuori la lavatrice da incasso da dentro il mobile della cucina e svitate quatto viti ho raggiunto il “tiretto” che aziona la serratura dell’oblò e la magia si è avverata, il bucato era salvo
Studiando la situazione ho visto il banale sistema di apertura della lavatrice, un tasto collegato ad un meccanismo che commuta la pressione in un movimento verticale che tira letteralmente un cavetto in acciaio a cui a sua volta è collegata la serratura. Niente di fantascientifico.
Il problema è che il meccanismo messo dopo il tasto era attaccato al cruscotto, fatto di una plastica veramente sottile (comunque è durata ben più di 10 anni) che a forza di reggere la spinta del dito ed azionarsi ha letteralmente sbriciolato l’attacco.
Come si vede nella foto in apertura ho temporaneamente risolto mettendo un spago con un anello di un portachiavi il tutto legato al cavo in acciaio per poter usare la lavatrice senza troppi problemi.
La cosa chei lascia perplesso è come è stato progettato l’ancoraggio del tutto, lasciando il compito più gravoso alla plastica sottile dietro al tasto, magari una staffa in metallo sarebbe stata meglio. Ora cercherò tra i vari fornitori di ricambi se si trova il pezzo in plastica per sostituirlo, non è nulla di folle per fortuna.
Poi ricordo che l’obsolescenza programmata può essere applicata, oltre che a livello software, anche a livello di materiali e parti che nella loro semplicità sono vitali per fare funzionare un elettrodomestico, com e un semplice tasto.
Spotify ha deciso, come tante altre aziende tech, di alzare i costi degli abbonamenti per i loro servizi, non è un mistero.
L’aumento è stato motivato per migliorare i ricavi e perché i costi sono aumentati.
Incredibilmente gli abbonati sono aumentati, come i ricavi, ma ora la società numero uno al mondo per lo streaming della musica ha deciso di tagliare il personale, ammettendo che la cosa sembra in contrasto con i ricavi.
Il motivo? Erano cresciuti troppo dura te la pandemia e ora vogliono migliorare la struttura interna.
A me sembra l’ennesimo modo per aumentare i dividendi degli investitori.
Si fa tanto parlare della settimana scorsa per i lavoratori dipendenti con aziende che aderiscono all’iniziativa, ma molti si sono dimenticati che la proposta era partita dal padrone di Virgin e non proprio ieri, oltretutto dandogli del pazzo! Stranezze del mondo moderno.