L’incidente in cui ha perso la vita un bimbo di 5 anni a causa di una idea stupida di un gruppo di ragazzi ha fatto molta risonanza e rumore con indignazione di molti, giustamente.
La rete purtroppo è piena di cose stupide che si diffondono come i cerchi nell’acqua colpita da una pietra, sfide più o meno sensate con il solo scopo di avere più visioni e in molti casi denari da queste interazioni.
Il recente ha reso evidente che ci sono persone che vivono di queste cose, ritengo in maniera immotivata.
Ora si sta creando un gran baccano a tutti i livelli, si parte da limitazioni ai neopatentati per vetture con potenze importanti, inasprimento delle pene, fino al modello diseducativo di chi pubblica contenuti discutibili e facilmente emulabili.
C’è chi chiede la testa dei portali di condivisione perché non sorvegliano gli utenti (molti) e cosa vanno a pubblicare (milioni di ore di video).
Esistono modi automatici per individuare contenuti inappropriati o coperti da diritti d’autore, poi ci sono le segnalazioni degli utenti, moderare un mondo enorme è impossibile.
Trovo che la rete possa essere assimilata ad una vettura che riesce a spingersi ben oltre i limiti di velocità, se poi uno la acquista e corre causando incidenti è colpa di chi viola la legge o della casa automobilistica? Di per sé il mezzo non è responsabile della condotta degli utenti, possono essere messi avvisi ed allarmi, ma se decido di ignorare tutto non posso criminalizzare il produttore.
Riterrei necessario responsabilizzare maggiormente gli utenti, nel caso di Roma chi ha causato la tragedia è stato individuato ed è sotto indagine, ma in altri casi l’anonimato della rete copre chi delinque o comunque ha condotte discutibili. Forse all’apertura di un account dovrebbe essere fornito un documento d’identità? Oppure avere una sorta di patente per navigare? Difficile farlo quando i siti sono in capo a società posizionate al di fuori dell’Europa o addirittura in stati con regolamentazioni molto meno restrittive.
Dopo il disastro YouTube ha demitizzato i video del gruppo di ragazzini dissennati ma solo dopo le pressanti insistenze della parte italiana del portale, altrimenti non sarebbe cambiato nulla, cosa che è stata spiegata male un po’ ovunque.
Poi se si pensa che comunque giornali ed in generale gli organi d’informazione hanno monetizzato la notizia andando in modo morboso a raccontare questa notizia che nessuno vorrebbe sentire e altre sventure che sono accadute nei giorni prima e dopo (basta pensare al mini sottomarino affondato nell’oceano) con dovizia di particolari a livello maniacale.
A settembre saranno due anni da quando sono uscito dai social network (Facebook, Instagram e Twitter).
La fuoriuscita è stata dettata da un utilizzo spropositato in generale.
Era da tempo che meditavo l’abbandono di facebook, divenuto nel tempo noioso, pieno di contenuti inutili e gente rancorosa. Ritengo che l’ingresso di una parte di utenza avanti con gli anni, politici e mezzi d’informazione la situazione sia crollata verticalmente. All’inizio era un modo per farsi due risate, riprendere contatti con persone del passato (ma se erano vent’anni o più che non ci si sentiva il motivo doveva esserci) per poi cancellarle dalla lista degli “amici” poco dopo.
Twitter è un posto di persone che si sentono molto serie e studiate, il tutto è alle volte molto noioso tolti alcuni account.
Instagram… Beh… Tette, culi e finzione generale.
I primi tempi la dipendenza si sentiva, un po’ come chi cerca di smettere di fumare, la gestualità di cercare il telefono per poi non leggere o vedere nulla di veramente interessante. Poi mi sono reso conto che la batteria del telefono dura molto di più, non lo sblocco continuamente e comunque le app non si collegano costantemente ai server per aggiornarsi.
Oggi a distanza di tempo vedo molti zombie che fissano lo schermo, non interagiscono tra loro o sono impegnati a filmare o fotografare qualcosa senza godersi il momento.
Ricordo che da bambino, ma non solo, non capivo lo stato di preoccupazione di mia madre quando si presentava qualche inciampo anche minimo.
Oggi da padre posso dire che mi è tutto molto più chiaro, la preoccupazione è sempre presente, che sia una sbucciatura o febbre, per passare ad altre cose come ad esempio i rapporti tra bambini e via discorrendo.
Mi rendo conto che mi pongo mille domande che spesso non esterno perché stupide e cerco di non trasferire la mia preoccupazione al pupo per non agitarlo.
La cosa peggiore è che questo stato d’animo non mi abbandonerà mai anche quando sarà grande, uno dei tanti regali di essere genitori.
Sulla scorta del voler migliorare il mondo ed abbandonare i combustibili fossili, una parte del mondo sta cercando di spingere gli automobilisti verso le auto elettriche, questo porterà ad un lento e progressivo abbandono dei motori a combustione.
Da appassionato di auto la cosa personalmente mi inquieta, oltre ad autonomia delle batterie, alla rete di ricarica e ai costi in generale.
Sono cosciente che le motivazioni sembrano assurde, ma sono condivise da tanti appassionati di motori, la sensazione che un motore tradizionale trasmette vanno ben al di là del semplice viaggiare e spostarsi. Rumori, vibrazioni, fischi (in caso di motori sovralimentati), il rombo di un motore V8, cupo e profondo, l’urlo del V12 o il suono particolare del W16 Bugatti sovralimentato non potranno mai essere superati dai motori elettrici, per quanto saranno performanti e potenti.
Ho notato che le auto elettriche cercano di essere pubblicizzate per le velocità l ovviamente soprendenti in accelerazione con drag race molte volte vinte contro auto esotiche con cavallerie mostruose ma poco efficaci fino al raggiungimento della coppia che nei motori elettrici è subito disponibile.
Poi c’è il tentativo di convincere con mille gadget che poco interessano ai puristi che il più delle volte detestano l’elettronica perché invasiva e molte volte invadente con gestioni discutibili di molte cose.
A chi ha passione poco importa di guidare uno smartphone con le ruote.
Ricordo quando ventenne ho provato il Renault 5 GT Turbo da 120cv di un amico, il rumore del turbo e la spinta nella schiena.
Oggettivamente un domani sarò di quelli che rimpiangeranno i motori a benzina e nulla mi farà cambiare idea.
Già prima della pandemia andavano di moda, ma con il lockdown il tutto è diventato più presente, le riunioni in presenza o via computer sono diventate onnipresenti nella vita di molti.
Già prima avevo dei dubbi sull’utilità ed efficacia di incontri per discutere di qualcosa in questa modalità, spesso buona parte dei partecipanti non ne ha voglia, tempo ed interesse, pertanto ci si trova a parlare a nessuno nel più delle occasioni.
In questi giorni ne ho avuto l’ennesima conferma, per conto di una grossa multinazionale farmaceutica sto seguendo dei lavori in cui sono coinvolte più aziende, interventi che vengono anticipati da almeno due riunioni, una di presentazione ed una di coordinamento con tanto di stesura di verbale inviato a tutti i partecipanti.
Poi mi reco in cantiere ed ecco che tutte le disposizioni prescritte nei vari documenti, spiegate verbalmente durante le riunioni e di persona vengono sistematicamente disattese. Porte ingombre di oggetti, mancata segnalazione di inagibilità temporanea di un percorso, veicoli in sosta dove non si deve e via discorrendo.
A questo si aggiunge l’arroganza degli operai a cui non sono state riportate le disposizioni del sottoscritto e del committente, con ovvie lamentele e mugugni.
Dimostrazione che le tanto apprezzate, da alcuni, riunioni non servono a niente, chi partecipa non ascolta e anche se lo fa non parla con chi opera in campo, carta che viene letta solo da chi l’ha prodotta e la stampante che l’ha impressa sulla carta e poi più nulla!
Ho il personale pensiero che le riunioni servano a motivare l’esistenza di persone che vivono di riunioni e se queste non esistessero non avrebbero un lavoro, poi probabilmente anche un poco di ego non ci sta male, vuoi mettere esercitare il proprio potere per obbligare le persone a partecipare a riunioni inutili, sapendo nel proprio intimo che i partecipanti nel più dei casi mantiene telecamera e microfono spenti mentre fa altro?
Resto dell’idea che ci sia un accesso di comunicazione in questo mondo fatto di riunioni, verbali ed email, ma di poco lavoro effettivo causa mancanza di tempo.
Il successo globale della serie Amazon This Is Is è indiscutibile, ha funzionato molto bene e ha tenuto tutti incollati alle TV.
È piaciuto tanto il modo di raccontare la storia, raccontando la storia in vari periodi della vita dei personaggi, un modo nuovo per narrare una storia dando una dinamicità al tutto.
Oggi una nuova serie utilizza il medesimo schema per raccontare la storia di due donne, Kate e Tully, divenute amiche da ragazzine e cresciute insieme con tutte le difficoltà, problemi e gioie della vita.
Anche in questo caso è stato fatto centro.
Trama: Le vicende sentimentali e lavorative di due amiche su tre linee temporali. Tully e Kate migliori amiche dall’adolescenza dovranno fare i conti con molte avversità ma la loro amicizia riuscirà a tenerle unite anche nei momenti più difficili. Fonte Wikipedia.
Il mio ultimo post di alcuni giorni addietro è stato questo, praticamente la sola immagine con un mio commento abbastanza netto.
Il mio vicino di casa virtuale Camu ha commentato con una domanda più che lecita.
Sono sempre stato sensibile a notizie del genere e ho sempre avuto la medesima opinione, diventando padre sono diventato ancora più sensibile.
Perché ritengo che una soluzione sia l’abbattimento di individui del genere? Semplicemente perché non credo molto al nostro sistema giudiziario (gli avvocati sono molto bravi a cercare soluzioni fantasiose) e in quello correttivo (le carceri sono solo luoghi di detenzione nella stragrande maggioranza dei casi), se poi viene fuori che chi compie certi gesti era sotto effetto di sostanze varie il tutto diviene l’opposto delle aggravanti.
Non so come si comporteranno dove è accaduto il fatto, per fortuna non siamo in Italia, ma penso ai fatti che più volte hanno riempito le pagine delle cronache e ai risvolti legali.
Purtroppo il nostro sistema carcerario è poco diverso dalle gabbie dove vengono tenuti gli orsi problematici, terminata la pena la persona torna a fare quello che faceva prima, sono pochi i casi di persone recuperate.
L’Italia decenni addietro con la legge Basaglia ha chiuso i manicomi, corretto visto che erano dei tuguri dove dimenticare chi aveva problemi mentali detenuti in condizioni più che precarie.
Peccato che la legge prevedeva la creazione di strutture moderne ed efficienti per aiutare queste persone. Peccato che come al solito lo Stato ha applicato metà della norma, liberando le persone affette da problemi mentali o lasciandole in toto alla gestione delle famiglie che non sempre riescono a garantire una copertura totale.
Esistono poi i manicomi criminali, ma le persone ci finiscono dopo aver fatto un reato.
Non voglio pensarla all’americana, tanto i criminali non temono di finire fritti su di una sedia, però alle volte sarebbe meglio. La mia affermazione è dura ma donne e bambini non si toccano e le pene oggi fanno ridere.
Non ho parole difronte a notizie del genere, so solo che un individuo del genere dovrebbe essere abbattuto all’istante senza tanti complimenti e salamelecchi, un colpo di pistola alla nuca e via.
Ne avevo già scritto tempo fa, testate giornalistiche o presunte tali che pubblicano articoli con errori madornali, oggi tocca a Repubblica.it sezione di Torino!
A breve daranno la colpa alla IA generativa come oggi si dà la colpa al correttore automatico!