La Squale è una società italo-svizzera che realizza orologi subacquei professionali, negli anni ha rischiato il tracollo a seguito dell’avvento dei meccanismi al quarzo, poi è passata di mano diventando italiana con sede in Svizzera.
Negli anni ’70 gli orologi prodotti venivano pubblicizzati con grandi campioni di appena, inoltre gli orologi venivano ufficialmente forniti a corpi militari subacquei viste le caratteristiche di qualità che li hanno sempre contraddistinto.
Da un po’ di tempo sono entrato in possesso di due orologi Squale, il primo un Tavernier Squale Saphir 2001, primo orologio a resistere alla pressione di 100 atmosfere.
Purtroppo l’orologio è particolarmente vissuto, la ghiera è rovinata, la lancetta dei minuti ha perso il caratteristico colore arancione e la lancetta dei secondi è parzialmente ossidata, la cassa presenta segni di un orologio di circa 50 anni. Il meccanismo invece funziona meravigliosamente e non perde un secondo.
Sul quadrante non c’è la tipica indicazione “Con Squale” al di sopra delle lancette, lì c’è scritto Tavernier, non è strano, ancora oggi l’azienda lavora per altri marchi, infatti la scritta sotto le lancette accompagnata dallo squalo vuol dire che la cassa è Squale, di fatto è in tutto e per tutto uno Squale.
Il bracciale è coevo ma non è originale, il suo è semirigido in acciaio inox con fori tondi, introvabile e quel poco che ho trovato ha prezzi irragionevoli viste le condizioni.
L’altro orologio è uno Squale (con scritta “von” a mo’ di corona ma niente squaletto) Corallo, un cronografo subacqueo con ghiera interamente in acciaio, questa volta con cinturino in pelle.
Anche questo vissuto ma preciso come meccanismo, revisionato perché appena ricevuto non caricava a dovere.
Nella foto si vede un bracciale in acciaio di una qualità pessima.
In oggi l’azienda lavora ad orologi molto personali e di una fascia di prezzo sopra i 1.000 euro, con orologi che arrivano anche a 5.000 euro per pezzi da collezione e numerati in piccole produzioni.
Ultimo nato da una collaborazione con l’artista seconde/seconde/ è lo Squale 1521 Watch Your Hand: Allerta squalo! Orologio dalle linee classiche ma con un tocco simpatico, la lancetta delle ore presenta il morso di uno squalo e lo squaletto sul quadrante è sollevato verso destra come se stesse cercando di saltare fuori dall’orologio.
100 pezzi di produzione, circa 1.000 euro di costo, a pensarci nemmeno tanti per un orologio professionale.
Mi piace? Molto. Lo avrò? Non credo, ho già altri orologi e ho solo un polso dove metterli, ma sognare non costa nulla e alle volte appaga un minimo.
Non ricordo esattamente da quanto tempo sono utente di Satiapay, sicuramente più di quattro anni.
Ricordo che inizialmente ero scettico, poi varie recensioni online mi hanno convinto e mi sono iscritto.
All’inizio i negozi che accettavano i pagamenti con tale Sista erano pochissimi, a Genova erano mosche bianche ed all’inizio solo grandi catene di distribuzione.
Con il passare del tempo sono aumentati e ora è abbastanza facile fare pagamenti da app senza problemi.
Anche lo Stato accetta i pagamenti attraverso Satiapay.
Insomma da unicorno bianco, nato dall’idea in Italia da un gruppo di amici è diventata une buona realtà, solida e pratica da usare.
Ieri sera mia moglie aveva messo su la lavatrice e dopo cena il programma di lavaggio è regolarmente finito, si avvicina alla lavatrice per aprire l’oblò e come per magia il tasto di apertura è stato inghiottito dal pannello frontale (che ho scoperto chiamarsi cruscotto, come quello delle auto).
Un piccolo momento di panico, ovviamente un guasto la sera prima di una festa e di un lungo fine settimana non è il massimo, poi come aprire la macchina per prendere i panni?
Poi radunati i ferri ho tirato fuori la lavatrice da incasso da dentro il mobile della cucina e svitate quatto viti ho raggiunto il “tiretto” che aziona la serratura dell’oblò e la magia si è avverata, il bucato era salvo
Studiando la situazione ho visto il banale sistema di apertura della lavatrice, un tasto collegato ad un meccanismo che commuta la pressione in un movimento verticale che tira letteralmente un cavetto in acciaio a cui a sua volta è collegata la serratura. Niente di fantascientifico.
Il problema è che il meccanismo messo dopo il tasto era attaccato al cruscotto, fatto di una plastica veramente sottile (comunque è durata ben più di 10 anni) che a forza di reggere la spinta del dito ed azionarsi ha letteralmente sbriciolato l’attacco.
Come si vede nella foto in apertura ho temporaneamente risolto mettendo un spago con un anello di un portachiavi il tutto legato al cavo in acciaio per poter usare la lavatrice senza troppi problemi.
La cosa chei lascia perplesso è come è stato progettato l’ancoraggio del tutto, lasciando il compito più gravoso alla plastica sottile dietro al tasto, magari una staffa in metallo sarebbe stata meglio. Ora cercherò tra i vari fornitori di ricambi se si trova il pezzo in plastica per sostituirlo, non è nulla di folle per fortuna.
Poi ricordo che l’obsolescenza programmata può essere applicata, oltre che a livello software, anche a livello di materiali e parti che nella loro semplicità sono vitali per fare funzionare un elettrodomestico, com e un semplice tasto.
Spotify ha deciso, come tante altre aziende tech, di alzare i costi degli abbonamenti per i loro servizi, non è un mistero.
Dal sito Sky TG24
L’aumento è stato motivato per migliorare i ricavi e perché i costi sono aumentati.
Incredibilmente gli abbonati sono aumentati, come i ricavi, ma ora la società numero uno al mondo per lo streaming della musica ha deciso di tagliare il personale, ammettendo che la cosa sembra in contrasto con i ricavi.
Il motivo? Erano cresciuti troppo dura te la pandemia e ora vogliono migliorare la struttura interna.
A me sembra l’ennesimo modo per aumentare i dividendi degli investitori.
Si fa tanto parlare della settimana scorsa per i lavoratori dipendenti con aziende che aderiscono all’iniziativa, ma molti si sono dimenticati che la proposta era partita dal padrone di Virgin e non proprio ieri, oltretutto dandogli del pazzo! Stranezze del mondo moderno.
Ci sono tre cose che mi sono sempre piaciute, le macchine (pallino che con il tempo mi è passata visti i costi e le auto moderne siano senza un’anima), le penne (ho alcune Parker Jotter, Papermate anni ’80, Cross, Aurora, etc.) e gli orologi.
Negli anni ho “collezionato” ogni tipo di orologio, partendo dai classici Swatch (ne ho alcuni con scatole originali), altri orologi che mi hanno accompagnato per anni ed altri che mi sono stati regalati e che oggi cerco di indossare a turni giornalieri.
Di recente ho ereditato un Tissot PRC200 a cui ho fatto reinstallare il bracciale originale, due Squale (di cui voglio parlare in futuro) ed un Felser’s.
Quest’ultimo mi è arrivato senza bracciale e bloccato. Alcuni giorni addietro ho deciso di fare qualche ricerca, anche grazie a Google Lens, e ho fatto qualche scoperta interessante.
La prima è che il marchio era italiano, nello specifico di Torino e fondato da due fratelli, il nome è l’unione delle iniziali dei loro nomi, la ditta acquistava da marchi primari orologi e meccanismi di qualità per immettere sul mercato orologi con costi abbordabili.
Nello specifico il meccanismo dell’orgoglio nella foto è un meccanismo ETA 2824 degni anni ’70.
La cosa comica è che dopo avergli dato una lavata, è entrata un pochino d’acqua dalla corona è questa ha lubrificato il meccanismo che come per magia è ripartito fino a quando non si è asciugato fermandosi nuovamente, oggi l’orologio è da un orologiaio per essere ripulito e revisionato. Per il cinturino, visti i colori del quadrante ne ho preso uno su Amazon del tipo Nato con colori analoghi.
Non è mistero che sia uno di quelli che farà molta fatica ad abbandonare i motori a combustione, non sono affatto convinto di guidare un rasoio elettrico con le ruote, non mi piacciono, non le trovo così green come viene sbandierato e non hanno una percorrenza credibile.
La foto in apertura l’ho scattata alla fine dell’estate, momento in cui i traghetti da e verso la Sardegna partono costantemente e restano in porto con le macchine accese per molto tempo. Tale necessità è dovuta al fatto che le navi, anche se ferme in porto, devono alimentare una marea di cose elettriche al loro interno. Come dicevo la foto è scattata all’altezza della Chiesa di Di Negro, l’orario è verso il tardo pomeriggio e prossimo alla partenza dei traghetti che come beni visibile stanno affumicando la città di Genova, con tanta gioia degli abitanti e delle centraline antismog!
Tale problema è noto da anni, praticamente da sempre, e nonostante progetti per elettrificare le banchine ancora si lotta con navi obsolete e nafta pesante che di per se non è per niente raffinata e molto ecologica!
La mia considerazione del titolo, volutamente polemico, è dovuto al fatto che si le macchine inquinano e molte auto fanno danni, ma anche navi vecchie e una normativa specifica poco presente non sono di certo d’aiuto.